Un sogno che continua
Ho sempre ammirato le persone che hanno un sogno. Uno di quelli che al solo pensiero ti batte fuori il cuore e gli ingranaggi del cervello iniziano a girare all’impazzata. Si è accesa la macchina dei sogni, e chiudendo gli occhi ti immergi in un mondo che non esiste, dove hai conosciuto la ragazza perfetta per te o stai vivendo l’avventura che sogni da quando eri bambino. Un mondo senza difetti, magari vivendo in un castello o andando in missione su Marte. Ma il nostro sogno non era una cosa del genere. Il nostro sogno era qualcosa di praticamente irraggiungibile, qualcosa che dopo quarantasette tentativi ancora ci sfuggiva. Abbiamo iniziato ad urlarlo nei corridoi appena un anno fa, senza alcuna paura di sembrare pazzi o ridicoli. Volevamo una cosa quasi impossibile, volevamo salire sul podio del Festival Studentesco. Ma la storia ci insegna che nulla può fermare un piccolo gruppo di persone determinate che vogliono trasformare quella scintilla in realtà. E così il primo step era stato compiuto, il nostro sogno, cominciato da solo nella testa di ognuno di noi, era diventato un obiettivo condiviso da tutti.
Qualcuno non lo diceva ad alta voce per scaramanzia, qualcuno non lo ammetteva neppure a se stesso, ma in un modo o nell’altro ci siamo trovati tutti insieme sulla stessa strada verso la ricerca di un terzo posto impossibile. Come avrà ripetuto migliaia di volte Simone nei mesi prima del Festival, nulla di tutto ciò avrebbe avuto senso se fosse dipeso unicamente dal risultato. Il sogno del podio era solo uno dei motori che alimentavano il nostro impegno e la nostra passione. L’altro, almeno altrettanto importante, era la nostra voglia di divertirci e, in un modo o nell’altro, di emozionarci. Perché è una delle poche cose di cui siamo sicuri. Vogliamo emozionarci ed emozionare. Perché è durante quegli istanti che ci accorgiamo di fare qualcosa di grande, di non nutrire il nostro corpo, ma la nostra anima. Il Festival è significato questo per molti di noi, anche se forse ce ne siamo resi conto solo alla fine.
Alla fine della seconda serata moderna, come ogni anno, c’è la resa dei conti. Una resa dei conti dura, ma capace di scatenare le emozioni più forti, positive e negative che siano. Il risultato del lavoro dei 74 studenti del Galilei iscritti al Festival, ognuno a suo modo un pezzo fondamentale del mosaico che ha composto il nostro terzo posto, stava per essere comunicato ai diretti interessati, e ai 4000 spettatori del palasport. La classifica finale è stata annunciata partendo come al solito dall’ultimo per salire fino al primo classificato. Sapevamo per certo di essere tra i primi cinque, ma le ultime serate del Festival non proprio al vertice ci costringevano a tenere il fiato sospeso fino all’ultimo secondo. Sapevamo che Rainerum e Carducci avevano recuperato su di noi, non sapevamo quanto.
Sesto posto per il Realgymnasium.
Ed ecco salire il batticuore. Da qui in poi ci avrebbero potuto chiamare in ogni momento, male che vada eguagliamo il record dell’anno scorso, mi ripetevo nella testa.
Al quinto posto il Liceo Rainerum.
A quel punto non saprei raccontare cosa hanno fatto gli altri. Io mi sono accucciato per terra e ho chiuso gli occhi. Ho cercato di non pensare a niente in quei lunghissimi secondi.
Al quarto posto il Liceo Classico Carducci.
Gli spalti del Galilei sono esplosi come una bolgia, abbiamo urlato con tutto il fiato che ci era rimasto nei polmoni. Ho posato da qualche parte i due premi di categoria che tenevo in mano, che avevano di punto in bianco perso alcun significato di fronte alla coppa del terzo posto, che di lì a poco Simone e Silvia avrebbero alzato. Mi sono girato in senso opposto al palco, e ho iniziato a correre più veloce che potevo intorno alle sedie del pubblico. Ho aperto le braccia a simulare un aeroplano, e mentre mi passavano per la mente tutte le prove e i momenti che ci hanno portato fino a lì ho corso più veloce che potevo, sperando di prendere il volo.
Sono atterrato a pochi metri dal podio, dove ho trovato tutti i miei compagni in questa incredibile avventura. Piangevano, urlavano, o rimanevano letteralmente senza parole. Penso di averli abbracciati quasi tutti. Abbiamo battuto il Carducci per 8 punti. Quale dimostrazione migliore di questa, del fatto che ognuno di noi è stato fondamentale? Ogni categoria è stata fondamentale, ogni persona è stata centrale nel nostro festival.
Abbiamo vinto tutti, abbiamo vinto insieme.
Alla fine del 47° Festival due scuole festeggiavano sul palco. Io ed altri ci siamo addirittura fatti le foto insieme ai Torricelliani, perché noi il nostro Festival, l’avevamo vinto.
Quest’anno è diverso. Quest’anno siamo molti di più, e abbiamo già iniziato a lavorare per un nuovo obiettivo. Il 5 settembre siamo entrati per la prima volta a scuola, e abbiamo iniziato a urlare un nuovo sogno incredibile lungo i corridoi del Galilei. Nessuno ha più paura di dirlo, perché per molti di noi questo è l’ultimo anno e vogliamo finirlo con il botto e con i fuochi d’artificio. Vogliamo salire la scalinata di marmo della nostra scuola e portarle il regalo più bello possibile. Vogliamo alzare per la prima volta nella storia della nostra scuola quella mitica coppa.
Signore e signori, quest’anno, vogliamo vincere noi.